La Psicoterapia: viaggio dal caos alla rinascita
“Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi, ”riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza.
Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma è l’unica che ci dia la possibilità di abbandonare infine la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa”
Alice Miller
Decidere di intraprendere un percorso psicoterapico è spesso il frutto di un processo per niente semplice e non privo di una certa sofferenza.
Chiedere aiuto a un professionista della salute mentale, infatti, implica il dover rinunciare ad un’immagine idealizzata di sé. Comporta il poter mettere in discussione l’idea grandiosa e per questo disumana e irreale, di dover risolvere tutto da soli.
Spesso è proprio in questa visione idealizzata di sé che si nasconde l’origine della sofferenza. È proprio l’aver dovuto imparare precocemente a contare solo su se stessi che, nel tempo, alimenta un invisibile senso di solitudine e angoscia.
Il sintomo non è che un segnale, un’espressione di questa sofferenza invisibile, aggrovigliata e confusa, spesso muta perché mancante di parole per raccontarsi.
Si arriva così, nella stanza di analisi, col desiderio di liberarsi di questo malessere senza forma e significato ma talmente ingombrante da ostacolare la quotidianità, le relazioni, il lavoro, le amicizie.
“Dottoressa voglio liberarmi da questo senso di oppressione…non voglio soffrire più…”
“Mi tolga questo blocco…”
“Non riesco mai a dire NO…”
“Ho tutto eppure sono sempre depressa…”
“Mi sento sempre inferiore agli altri…”
“Non voglio più sentire questa sensazione di ansia che costantementemi perseguita…”
Il dolore è spesso percepito come un corpo estraneo da dover asportare chirurgicamente ; un intruso da eliminare, per ristabilire un ideale equilibrio interiore, libero da tensioni e conflitti.
Ma è proprio a partire dalla possibilità di percepire ed esplorare la propria sofferenza, i propri conflitti interiori che se ne può comprendere l’origine, il senso e trasformarli in possibilità nuove.
Spesso, infatti, il malessere psicologico è il ripetersi di vecchi copioni; trame, in cui si occupano ruoli che qualcun altro, più o meno consapevolmente, ha scelto per noi.
Si aderisce a questi “personaggi” perché talvolta, in un dato momento della nostra storia di vita, sono l’unica possibilità disponibile per stare al mondo.
Accade così di rimanere inconsapevolmente incastrati, bloccati in vecchi copioni ormai anacronistici, dai quali non ci si riesce ad emancipare :
“il bravo figlio”, “la mamma perfetta”, “il responsabile fratello maggiore”, “la fragile sorellina minore”, “il padre affidabile” …
Poter guardare a queste dinamiche, metterle in discussione e trasformale è necessario per evitare che si attivino automaticamente e disfunzionalmente nella nostra quotidianità.
La relazione psicoterapica non è dunque semplice ricezione passiva di aiuto da un’altra persona ma piuttosto assunzione di responsabilità sulla propria vita.
La psicoterapia, attraverso l’esperienza e l’interiorizzazione della relazione con l’analista, porta alla luce e valorizza le proprie aspirazioni e capacità.
I conflitti interiori non sono qualcosa di cui aver paura o da cui fuggire ma occasioni per attivare un processo creativo sulla propria vita.
La sofferenza può essere la prima tappa di un viaggio di rinascita, di ri-concepimento di se stessi , a partire da ciò che si è dovuto essere verso ciò che si sente di essere.
dott.ssa Laura Rugnone
Psicologa Psicoterapeuta Gruppoanalista
via G. La Farina n.3 Palermo
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